Un biomarcatore fluorescente “evidenzia” le cellule tumorali della prostata

Per i pazienti con carcinoma prostatico l’eradicazione delle cellule tumorali è essenziale per prevenire la ricrescita del cancro. Gli scienziati dell’Università di Oxford, hanno condotto la prima sperimentazione sull’uomo di un biomarcatore fluorescente in grado di visualizzare il tessuto canceroso.

Il marcatore luminoso è una combinazione di un colorante fluorescente e di una molecola denominata IR800-IAB2M che localizza le cellule del cancro alla prostata legandosi esclusivamente all’antigene di membrana prostatico specifico (PSMA) situato sulla superficie esterna delle cellule tumorali.

Questo metodo di visualizzazione consente anche di rilevare le cellule cancerose che si sono diffuse e non sono immediatamente visibili ad occhio nudo. Non solo previene le recidive, ma riduce anche notevolmente i gravi effetti collaterali post-operatori.

L’antigene di membrana prostatico specifico (PSMA) è sempre più utilizzato per visualizzare il cancro alla prostata nella pratica clinica.

Lo studio ProMOTE ha reclutato 23 pazienti in cui il biomarcatore fluorescente è stato iniettato prima della prostatectomia radicale laparoscopica robot-assistita (RARP) per visualizzare le cellule tumorali della prostata durante l’intervento chirurgico. In ogni fase della procedura, la prostata, le catene linfonodali pelviche e il tessuto circostante extra-prostatico sono stati sottoposti a imaging con una doppia piattaforma ottica nel vicino infrarosso (NIR) e a luce bianca per la fluorescenza in vivo ed ex vivo. Per la verifica è stata effettuata una valutazione istopatologica dell’imaging a fluorescenza microscopica intraoperatoria e postoperatoria.

Sei casi sono stati presentati in dettaglio, con sensibilità e specificità complessive nel rilevare il tessuto tumorale extra-prostatico non linfonodale riportato rispettivamente al 100% e al 65% e al 64% e al 64% per la positività dei linfonodi. Non ci sono stati effetti collaterali associati alla somministrazione del reagente.

I promettenti risultati iniziali aprono la strada a ulteriori studi con una popolazione di studio molto più ampia. Sono in corso ulteriori valutazioni per valutare il beneficio dell’utilizzo della tecnica nel migliorare il completamento dell’escissione chirurgica durante la RARP.


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