Nuove evidenze sulla progressione del tumore della vescica: implicazioni cliniche e terapeutiche

Uno studio condotto dai ricercatori dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) e dell’Università degli Studi di Milano, recentemente pubblicato su Nature Communications, ha fornito nuove evidenze sulla biologia del tumore della vescica, mettendo in discussione l’ipotesi secondo cui le forme superficiali e muscolo-invasive rappresentino entità distinte. I dati raccolti indicano, invece, che questi due stadi siano espressione di un unico processo patologico in evoluzione, guidato da specifici meccanismi molecolari sin dalle fasi iniziali della malattia.

Nel 2023, in Italia, sono stati stimati circa 29.700 nuovi casi di tumore della vescica, che rappresenta la quinta neoplasia più frequente dopo quelle della mammella, del colon-retto, del polmone e della prostata. La maggior parte delle diagnosi avviene in fase iniziale, con tumori non muscolo-invasivi, mentre solo una percentuale ridotta dei casi si presenta sin da subito in forma muscolo-invasiva. La distinzione tra queste due categorie ha a lungo influenzato l’approccio clinico e terapeutico, ma le nuove evidenze suggeriscono una revisione di questa classificazione.

Il team di ricerca ha individuato un inedito meccanismo molecolare alla base della progressione tumorale. Un ruolo chiave sembra essere svolto dalla proteina NUMB, la cui espressione è normalmente presente nel tessuto vescicale sano ma risulta assente in oltre il 40% dei tumori vescicali umani. La perdita di NUMB innesca una cascata di eventi molecolari che conferiscono al tumore un elevato potenziale proliferativo e invasivo, facilitando la transizione dalla forma superficiale a quella muscolo-invasiva. Quest’ultima fase rappresenta un punto critico nella storia naturale della malattia, poiché rende necessario l’intervento chirurgico radicale con cistectomia totale, una procedura che, nonostante la sua radicalità, non garantisce sempre un esito clinico favorevole.

Oltre a migliorare la comprensione della biologia della malattia, lo studio apre nuove prospettive per la stratificazione del rischio e l’identificazione di terapie mirate. L’individuazione di una firma molecolare associata alla perdita di NUMB potrebbe consentire di selezionare con maggiore accuratezza i pazienti che trarrebbero beneficio da trattamenti specifici. Inoltre, l’analisi dei meccanismi molecolari coinvolti ha evidenziato nuovi bersagli terapeutici potenzialmente trattabili con farmaci già disponibili nella pratica clinica, offrendo così opportunità concrete per un approccio terapeutico più mirato ed efficace.

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