La storia di A.

Nel 2019 A. ha subito l’asportazione totale di un melanoma mucosale, rara forma di melanoma che rappresenta meno del 5% di questi tumori, e che insorge a livello delle mucose (genitali, congiuntiva, tratto oro-faringeo, cavità nasale, retto). Viene diagnosticato spesso tardivamente e mostra una crescita veloce ed aggressiva.

Come hai scoperto il melanoma, vista la difficoltà con cui viene riconosciuta la forma mucosale?

“Ho cominciato sistematicamente a perdere sangue dalla narice destra, fino a quando mi sono insospettita e ho consultato il mio medico di famiglia che mi ha consigliato una visita dall’otorino; nel frattempo ho notato anche una piccola protuberanza sul naso, quindi cominciava a “uscire allo scoperto”, e l’otorino mi ha spedito subito a fare una risonanza magnetica da cui è emersa appunto questa massa consistente nella narice che nel giro di 2-3 mesi stava crescendo verso l’esterno. La diagnosi è arrivata a febbraio 2019. Quando l’ho rimosso chirurgicamente è stato fatto l’esame istologico ed è risultato appunto essere un melanoma.”

Come hai vissuto questa diagnosi?

“Nonostante mi reputi una persona molto tranquilla, molto solare, molto positiva, al momento della diagnosi sono scoppiata a piangere perché è stato un fulmine a ciel sereno, non avendo tra l’altro fino a quel momento sofferto di nulla di importante. Poi mi hanno detto che dovevo fare 27 cicli di radioterapia e lì ho cominciato a realizzare effettivamente la portata della cosa.”

Qual è stato il tuo iter terapeutico?

“La radioterapia sarebbe servita per “pulire” tutta la parte interessata dal melanoma che si era esteso molto: dal palato era arrivato quasi all’occhio. Conclusi i cicli di radioterapia, a giugno ho fatto una TAC total body per verificare appunto il risultato che è stato ottimo: pulita su tutti i fronti!

Purtroppo però nel giro di un mese mi sono accorta di avere un linfonodo sovrapubico molto prominente, e quando sono andata in ospedale mi hanno consigliato di toglierlo immediatamente. È infatti risultato una metastasi da melanoma. Nel frattempo se ne era formata un’altra sottocutanea a livello del dorso per cui dall’ospedale mi hanno indirizzato ad un centro specializzato dove mi hanno chiarito appunto che la chemioterapia in caso di melanoma non funzionava e mi hanno parlato dell’immunoterapia, di cui fino ad allora non avevo mai sentito parlare.

Ho cominciato a documentarmi un po’ su internet, ma al centro mi hanno subito tranquillizzato: la dottoressa mi ha palesato tutte le possibilità di eventi avversi, le percentuali e mi ha chiarito che non essendo positiva BRAF potevo accedere solo all’immunoterapia, ma anche se si trattava di terapie relativamente giovani funzionavano nel 50% dei casi. Ho cominciato nel novembre 2019, e alla prima TAC di controllo dei tre mesi la metastasi dietro la schiena era sparita. Da quel momento in poi non ho mai più avuto metastasi di melanoma quindi nel 2022 ho sospeso le sedute e ancora oggi fortunatamente tutti i controlli sono buoni.”

Quali sono stati gli effetti collaterali? Come sono stati gestiti?

“Ho avuto una serie di effetti collaterali dovuti effettivamente a queste terapie, tra cui uno molto importante ovvero una bruttissima gastrite autoimmune per cui ho rischiato davvero grosso, ma in ospedale sono stata seguita benissimo nel senso che non mi sono mai sentita abbandonata. In più ho avuto sempre il supporto di mio marito, che veramente è una roccia, e mi ha aiutato tantissimo l’associazione APAIM che è stata importante come supporto fin dall’inizio.

Qui sono entrata per caso, cercando ovviamente informazioni in questo gruppo di supporto per pazienti, proprio perché quando ti trovi in questo turbinio di novità cerchi chi ne sa più di te o quanto te e che capisce effettivamente quello che stai vivendo, e credo che anche la persona che ti vuole più bene al mondo non lo può capire tanto quanto una persona che affronta lo stesso problema.

Ho trovato un gruppo meraviglioso in cui mi sono sentita accolta e compresa anche quando, a distanza di tempo, provi paura ogni volta che devi fare un esame strumentale o comunque che ti senti male… Secondo me è impossibile da spiegare. Ti sostengono nella maniera giusta anche in momenti in cui magari non sai dove sbattere la testa perché non riesci a trovare il posto per un esame, per una visita e APAIM è un’associazione che si avvale di tanti specialisti e puoi accedere a risposte veloci tramite questa rete.”

Qual è stato l’approccio con il personale medico e infermieristico nella tua esperienza?

“La mia esperienza conta un reparto di oncologia ed un centro specializzato dove mi sono sentita a casa anche emotivamente; vorrei sottolineare l’umanità e la competenza di oncologi e soprattutto degli infermieri che sono le persone che poi effettivamente si prendono cura di te fin da quando ti trovi in una stanza legata a una poltrona con una flebo in vena e sei circondato da persone che comunque sono lì come te.

Devo però dire che ho appurato un effettivo sovraffollamento a causa del quale, probabilmente, non tutti i componenti dello staff medico sono in grado di poter offrire un supporto emotivo alle persone perché sono presi dalla fretta di dover rispettare gli appuntamenti, hanno i minuti contati quindi spesso e volentieri hai la percezione che non ascoltano quello che hai da dire, mentre con l’associazione diventiamo tutti supporter l’uno con l’altro.

Inoltre fin quando sei in terapia e quindi nel circuito è tutto automatico, ma quando esci dalle terapie riscontri delle difficoltà nel fissare un appuntamento nell’ospedale dove sei stata seguita, quindi spesso succede che bisogna avvalersi del privato perché non riesci a trovare i controlli giusti al momento giusto. Ed ecco che ti può capitare del personale poco predisposto che ti tratta come un numero da depennare dalla lista quando in realtà basterebbe poco per rasserenare una persona che sta facendo una cosa importante.”

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