Cancro endometriale: i vantaggi della chirurgia robotica nei casi ad alto rischio dopo isterectomia

Il cancro all’endometrio (EC) è il quarto tumore più comune nelle donne nei paesi sviluppati, con circa 11.090 pazienti di nuova diagnosi all’anno. In gran parte degli stadi, la terapia prevede isterectomia e salpingo-ovariectomia bilaterale, seguite in base ai fattori di rischio da radioterapia o chemioterapia adiuvante. Mentre nelle malattie a rischio basso sarebbe sufficiente la sola osservazione, in quelle a rischio intermedio/alto la linfonodectomia (LNE) sistematica pelvica e periaortica nonché l’irradiazione postoperatoria rappresentano lo standard. Nell’EC, la tecnica della resezione peritoneale del mesometrio (PMMR) mediante chirurgia mini-invasiva assistita da robot è stata pubblicata nel 2013, con eccellenti tassi di controllo loco-regionale del tumore anche senza radioterapia postoperatoria. Tuttavia, resta una questione aperta il ruolo della linfoadenectomia nel trattamento chirurgico dell’EC a causa dell’aumentata morbilità perioperatoria e dello sviluppo di linfedema. Di conseguenza, il concetto originale di PMMR e di linfoadenectomia terapeutica completa pelvica e paraaortica è stato adattato a una tecnica di linfoadenectomia compartimentale mirata (TCL). Al West German Cancer Center di Essen, nella pratica quotidiana, il team guidato dal Dott. Buderath ha sviluppato il concetto di PMMR secondario come completamento dell’intervento chirurgico ritenendola un’opzione sicura ed efficace per le donne con EC che hanno già subito un’isterectomia e successivamente hanno scoperto fattori ad alto rischio: sebbene la procedura comporti un rischio leggermente più elevato di complicanze rispetto alla PMMR eseguita in pazienti che non hanno avuto una precedente isterectomia, i benefici a lungo termine sembrano promettenti. Lo studio riportato su Archives of Gynecology and Obstetrics ha analizzato dati perioperatori sulle caratteristiche della malattia e sulla morbilità di pazienti con EC a rischio intermedio/alto trattati con PMMR + TCL o LNE pelvica e paraaortica sistematica dopo precedente isterectomia poi filtrati per classificazione di rischio secondo i classici criteri istopatologici. Quelle con EC a rischio intermedio/alto sono state incluse nell’analisi.

Tra i dati al follow-up medio di 31,7 mesi di 32 pazienti si evince che il tasso di recidiva è stato del 12,5% (4/32) senza alcuna recidiva locoregionale isolata, e solo il 21,9% delle pazienti ha ricevuto radioterapia adiuvante. Nell’intera coorte, la durata media del ricovero è stata di 8,8 giorni (range 4-30; 5,0). La durata della degenza è stata significativamente più lunga nel gruppo LNE pari a 11,5 giorni rispetto a 6,4 giorni nel gruppo TCL, con una differenza media di 5,1 giorni (IC al 95%, 2,1-8,1). Inoltre, come previsto, la durata dell’intervento è stata più lunga nel gruppo LNE (291 minuti) rispetto al gruppo TCL (187 minuti) a causa della maggiore complessità della procedura.

Nel complesso, durante l’intervento chirurgico si sono verificate poche complicanze (6,3%) e sono state osservate soprattutto nel gruppo LNE (13,3%). Entrambi erano problemi gestibili ai vasi sanguigni e non richiedevano il passaggio alla chirurgia a cielo aperto. Dopo l’intervento chirurgico, il 18,8% dei pazienti ha manifestato complicazioni, di cui 4 hanno necessitato di un ulteriore intervento chirurgico, inclusi problemi alla cuffia vaginale, sanguinamento, perforazione intestinale ed eccessivo drenaggio di liquidi. Queste complicazioni erano simili in entrambi i gruppi.

Nonostante i tassi di complicanze (6,3% intraoperatorie e 18,8% postoperatorie), i dati suggeriscono che la PMMR robotica può essere eseguita dopo una precedente isterectomia quando insorgono fattori di rischio precedentemente sconosciuti, anche se con un moderato aumento della morbilità. Inoltre, nonostante una rilevante riduzione della radioterapia adiuvante, i dati di follow-up suggeriscono un eccellente controllo locoregionale anche senza radioterapia adiuvante. Questo approccio mostra quindi il potenziale per gestire efficacemente i casi ad alto rischio diagnosticati dopo l’intervento chirurgico iniziale, offrendo un controllo localizzato e risparmiando un’ampia dissezione linfonodale.


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